«In quegli anni ho capito molte cose anche se ero piccola. La mia sofferenza era per guarire e diventare la donna che sono oggi. Perché in ospedale ho visto chi soffriva più di me senza una speranza di guarire. Ho capito che le persone devono saper distinguere e vedere negli ospedali quante sofferenze umane ci sono […] Nella mia vita ho provato la sofferenza sulla mia pelle. Sofferenze per le docce in alluminio, per i gessi, i gambaletti e per gli interventi alle gambe. Ma non ero mai sola non mi sono mai sentita sola a soffrire. Mi guardavo intorno rendendomi conto che a soffrire erano le persone sole lasciate lì sul letto di ospedale dove nessuno le andava a trovare aiutare questa è la vera sofferenza».
Angela Pedrola ci regala preziosi momenti di verità e di semplicità nella sua opera autobiografica “La Favola di una persona diversamente abile”. Angela è disabile sin da quando è nata; è forse questo il motivo che ha spinto i suoi genitori biologici ad abbandonarla di fronte a un ospedale, dove poi viene accolta e curata.
In seguito viene condotta in un brefotrofio, dove trascorre due anni in attesa di una famiglia che possa amarla; e finalmente, nel giorno di San Giuseppe, Angela trova una casa e due persone da chiamare mamma e papà. L’autrice ci racconta la sua vita, parlandoci dell’amore che le hanno trasmesso i suoi genitori, degli sforzi che hanno compiuto per farla curare dai migliori dottori, del chirurgo che l’ha operata più volte e che le è stata vicino quando è morto l’amato padre, e in generale di tutte le persone che hanno fatto la differenza nella sua esistenza. Purtroppo, però, Angela ha dovuto conoscere anche la cattiveria umana: in ragione della sua disabilità ha subìto soprusi e pregiudizi da persone senza cuore, e ha dovuto lottare costantemente per offrire una vita dignitosa a sé stessa e al figlio, che è diventato la luce dei suoi occhi.
L’autrice ci narra delle sue traversie e dei suoi lutti ma non lo fa mai con lo scopo di suscitare pietà, anzi: lei vuole comunicarci un messaggio di gioia e di resistenza, ricordandoci che a tutto c’è rimedio e che noi abbiamo dentro la forza necessaria per fronteggiare ogni difficoltà. Angela Pedrola è un esempio di coraggio: ha instaurato un rapporto intelligente con la sofferenza, non lasciandosi mai travolgere, e ha avuto sempre fiducia nel domani; il dolore, nel suo caso, l’ha spinta ancora di più ad amare la vita.
Redazione