La ragazza dai sette nomi: la mia fuga dalla Corea del Nord di Hyeonseo Lee
- 14 Agosto 2017
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La ragazza dai sette nomi ci parla di uno strano paese, forse unico nel quadro mondiale: la Corea del Nord. Retto da una dittatura di stampo comunista in cui la famiglia al potere, i Kim, si tramandano il governo della nazione ormai da tre generazioni. Una dittatura che dura da quasi 70 anni sotto Kim Il-sung, Kim Jong-il e Kim Jong-un. Dato l’isolamento di questo paese (nessun cittadino può lasciare lo stato se non scappando) è facile immaginare che le nuove generazioni, nate sotto l’ala scura di questa terribile dittatura, abbiano una visione piuttosto limitata della vita e del mondo.
Romanzo autobiografico o distopico?
Hyeonseo Lee ci racconta in questo romanzo autobiografico proprio com'è la vita in questo strano paese che, nell'era della comunicazione digitale, vive in un chiuso isolamento. La ragazza dai sette nomi di Hyeonseo Lee ci apre le porte su un mondo distopico contemporaneo, quello della Corea del Nord. I peggiori incubi descritti dagli autori distopici, George Orwell in primis, qui si fanno realtà.
Leggendo il suo racconto mi sembrava di leggere il romanzo distopico 1984 di George Orwell. Mi sembrava incredibile che il mondo uscito fuori dalla fantasia di Orwell fosse realtà in questo piccolo paese asiatico. Le fotografie dei dittatori che tutti sono obbligati a tenere in casa mi hanno rammentato l’occhio onnipresente del Grande Fratello. Il clima di sospetto verso il prossimo, che può denunciarti in qualunque momento per ogni minima infrazione verso il regime, mi sembrava lo stesso che i personaggi del romanzo 1984 sperimentano quotidianamente. La manipolazione della storia e della geografia mondiale per puri scopi propagandistici non è dissimile da quella attuata nel romanzo distopico di Orwell.
Vivere in Corea del Nord oggi
Vivere nella odierna Corea del Nord è un vero e proprio incubo. Circondata da nazioni potenti e in forte sviluppo come la Cina, il Giappone, la Russia e la Corea del Sud, la Corea del Nord non conosce nemmeno lontanamente le meraviglie del mondo moderno. Il comunismo, che dovrebbe garantire l’uguaglianza dei cittadini, in realtà è solo nominale. La famiglia al potere vive nel lusso mentre il popolo muore di fame. Spesso non c’è corrente elettrica. Non esiste internet. La tv nazionale è pura propaganda. Le limitazioni alla libertà personale sono fortissime. L’ateismo di stato non impedisce ai Kim di promuovere (o dovrei dire imporre) un culto della persona dei leader. La pena di morte o i campi di prigionia costituiscono la norma. Uno scenario veramente inquietante. Eppure sicuramente accettato con rassegnazione, se non con gioia, da chi non conosce un mondo diverso.
La storia de La ragazza dai sette nomi
Hyeonseo Lee ci racconta nel suo romanzo autobiografico che la sua fuga dalla Corea del Nord non avviene nel tentativo di costruirsi una vita migliore all'estero; la sua fuga è una semplice bravata da ragazzini. Poi però la faccenda diventa seria e non può più tornare indietro. Inizia allora per lei una nuova vita, una vita non più serena di quella vissuta nel suo paese natale, una vita fatta di difficoltà che sembrano insormontabili. Al punto che viene da chiedersi se non sarebbe stato meglio per lei rimanere dov'era. Il mondo “civilizzato” infatti le mostra uno stile di vita del tutto differente, ma di cui lei, a causa del suo background, non può pienamente usufruire. Con la sua tenacia riesce però ad ottenere il diritto ad un suo posto tranquillo e sicuro nel mondo, lontano dalla Corea del Nord.
La terza parte de La ragazza dai sette nomi è incentrata sulle vicissitudine che Hyeonseo Lee si trova ad affrontare per far uscire dal paese anche la sua famiglia. L’odissea che lei stessa ha vissuto per ritagliarsi un suo posto nel mondo, viene rivissuta da sua madre e suo fratello. Ci rendiamo conto che il male non risiede solo in Corea del Nord e in tutti quei paesi retti da dittature assolutiste, ma anche in tutti i paesi che si dichiarano civili e che si lavano le mani della sofferenza e delle difficoltà che affronta chi è meno fortunato, colpevole solo di essere nato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il romanzo fa riflettere sulla situazione dei tanti profughi che cercano di sfuggire da situazioni drammatiche, che si scontrano con incomprensione, corruzione e lunghissima burocrazia dei cosiddetti paesi civili.