«Secondo i miei calcoli ogni istante, futuro e passato, ogni possibile istante, o “tempo” dell’universo, dal Big Bang fino a oggi e fino al Big Crunch se ci sarà, convivono nello stesso luogo […] Il tempo non ha alcuna utilità a determinare “l’esistenza” di una cosa e, soprattutto, il suo stato. Un po’ come dire che le cose esistono e punto. Dire che una cosa prima c’è e dopo non c’è è sbagliato, perché non esiste un prima e un dopo. Quindi è chiaro che il tempo come lo percepiamo noi è un’illusione. Il problema era stabilire in quale modo, in cosa veniamo illusi. Perché nella realtà che percepiamo il tempo scorre, ed esiste un prima e un dopo.»
Il concetto di tempo è centrale nel romanzo distopico “Möbius. La fine e l'inizio” di Carmine Belfiore. Un tempo analizzato, scomposto, privato del suo superficiale significato; un tempo da dominare, per arrivare in un punto specifico del nastro di Moebius in cui valga ancora la pena esistere: Tom Sanders, fisico matematico, ha il chiodo fisso del tempo, e lavora da anni a un progetto segretissimo per viaggiare attraverso esso, e per lasciare definitivamente la sua epoca devastata.
Ci troviamo nel 2198, e la Terra è malata: ha la febbre, come afferma Tom, a causa del riscaldamento globale; il nostro pianeta è distrutto da incendi apocalittici, l’ossigeno scarseggia, la natura è allo stremo, la maggior parte delle specie animali sono estinte e anche l’essere umano è sull’orlo dell’annientamento.
Le intelligenze artificiali hanno preso il posto dell’uomo anche nelle azioni più elementari, trasformandolo in un inetto, e lo controllano capillarmente a beneficio di un governo dittatoriale. Tom, contro ogni aspettativa, è rimasto un sognatore – si potrebbe dire un romantico – e nonostante sia circondato dalla morte dello spirito, continua a sperare di cambiare le cose, se non per la sua meschina razza almeno per sé stesso.
Durante il giorno Tom si occupa di un progetto governativo che implica la costruzione di una gigantesca astronave per un viaggio di sola andata verso Alpha Centauri B, nella cui orbita sembra esserci un pianeta con atmosfera, azoto, anidride carbonica, idrogeno e ossigeno, e quindi compatibile con la vita. Nella solitudine notturna della sua casa, invece, lavora a un suo piano segreto: costruire un “rilocatore temporale” che lo possa far viaggiare verso il 1960, che lui identifica come un periodo storico ricco di poesia e di umanità. L’autore ci racconta la storia di quest’ultimo sognatore, e allo stesso tempo ci avverte: il 2198 da lui descritto non è poi così inverosimile.
Redazione
«Secondo i miei calcoli ogni istante, futuro e passato, ogni possibile istante, o “tempo” dell’universo, dal Big Bang fino a oggi e fino al Big Crunch se ci sarà, convivono nello stesso luogo […] Il tempo non ha alcuna utilità a determinare “l’esistenza” di una cosa e, soprattutto, il suo stato. Un po’ come dire che le cose esistono e punto. Dire che una cosa prima c’è e dopo non c’è è sbagliato, perché non esiste un prima e un dopo. Quindi è chiaro che il tempo come lo percepiamo noi è un’illusione. Il problema era stabilire in quale modo, in cosa veniamo illusi. Perché nella realtà che percepiamo il tempo scorre, ed esiste un prima e un dopo.»
Il concetto di tempo è centrale nel romanzo distopico “Möbius. La fine e l'inizio” di Carmine Belfiore. Un tempo analizzato, scomposto, privato del suo superficiale significato; un tempo da dominare, per arrivare in un punto specifico del nastro di Moebius in cui valga ancora la pena esistere: Tom Sanders, fisico matematico, ha il chiodo fisso del tempo, e lavora da anni a un progetto segretissimo per viaggiare attraverso esso, e per lasciare definitivamente la sua epoca devastata.
Ci troviamo nel 2198, e la Terra è malata: ha la febbre, come afferma Tom, a causa del riscaldamento globale; il nostro pianeta è distrutto da incendi apocalittici, l’ossigeno scarseggia, la natura è allo stremo, la maggior parte delle specie animali sono estinte e anche l’essere umano è sull’orlo dell’annientamento.
Le intelligenze artificiali hanno preso il posto dell’uomo anche nelle azioni più elementari, trasformandolo in un inetto, e lo controllano capillarmente a beneficio di un governo dittatoriale. Tom, contro ogni aspettativa, è rimasto un sognatore – si potrebbe dire un romantico – e nonostante sia circondato dalla morte dello spirito, continua a sperare di cambiare le cose, se non per la sua meschina razza almeno per sé stesso.
Durante il giorno Tom si occupa di un progetto governativo che implica la costruzione di una gigantesca astronave per un viaggio di sola andata verso Alpha Centauri B, nella cui orbita sembra esserci un pianeta con atmosfera, azoto, anidride carbonica, idrogeno e ossigeno, e quindi compatibile con la vita. Nella solitudine notturna della sua casa, invece, lavora a un suo piano segreto: costruire un “rilocatore temporale” che lo possa far viaggiare verso il 1960, che lui identifica come un periodo storico ricco di poesia e di umanità. L’autore ci racconta la storia di quest’ultimo sognatore, e allo stesso tempo ci avverte: il 2198 da lui descritto non è poi così inverosimile.
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