Considerato il Borges di Svezia, Lars Gustafsson (1936-2016) è stato tra gli scrittori più arguti e originali della scena scandinava a cavallo tra la seconda metà del Novecento e l’inizio del Duemila.
Iperborea pubblica Storie di gente felice, una raccolta di quei racconti che più hanno dato a Gustafsson la fama che lo ha portato a vincere molti premi importanti in patria – tra tutti, nel 2014, il Svenska Akademiens nordiska pris, premio letterario assegnato dalla stessa Accademia Svedese che assegna i Nobel – e nel mondo – nel nostro paese è stato insignito del Premio Agrigento, Premio Boccaccio, Premio Grinzane Cavour e Premio Nonino.
Vari racconti in cui si incontrano tutti i personaggi del mondo di Lars Gustafsson, solitari, persi nei loro sogni, prigionieri del passato, vinti dal presente, come un insonne che occupa le ore notturne a leggere vecchie enciclopedie o, quando queste mancano, elenchi del telefono e una notte si imbatte nel numero della sua prima fidanzatina che credeva morta da tempo. Tra le pagine del volume ci si imbatte pure nell’autore stesso come nel racconto Quel che non ci uccide, tende a renderci più forti o ancora di più in Le quattro ferrovie di Iserlohn dove Gustafsson, in giro per l’Europa per dei convegni letterari, si trova a conversare in una osteria con un ferroviere solitario che si presenta come un seguace di Kierkegaard (filosofo tra l’altro molto amato da Gustafsson).
Come sostiene Ingrid Basso nella postfazione, nei dieci racconti di cui consta Storie di gente felice (uscito in Svezia nel 1981), «si ritrova il meglio della sapidità e della leggerezza della scrittura di Gustafsson», ma anche tutta la filosofia che ruota attorno ai suoi personaggi. Nel libro si incontrano tutti i temi utili a comprendere la produzione letteraria di uno scrittore con l’occhio vigile sul mondo che lo circonda, di uno degli autori più innovativi della letteratura europea.