Un respiro di troppo | Massimo Polimeni
- 18 Aprile 2019
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La trama
Può un uomo di colore, ricercato per omicidio, fuggire da New York,
sbarcare clandestinamente in Sicilia, mischiarsi a un gruppo di migranti e
tentare poi di costruirsi una nuova, inaspettata esistenza? Joe intreccia la
sua storia con quella di un giovane amico che spera in un cuore nuovo, di un
tenace investigatore che non vuole arrendersi al suo male, di un ex-poliziotto
arabo in attesa di poter riscuotere il frutto di un furto milionario e di altri
singolari personaggi. Uomini soli che cercano improbabili vie di fuga da un
destino già scritto. Non basteranno il travaglio interiore e le drammatiche
esperienze che si trascinano addosso: essi si troveranno, infatti, coinvolti in
un’indagine sul tragico traffico clandestino di organi umani. Non c’è nulla di razionale nell’oscura realtà nella quale si muovono, ma nessuno
di loro cesserà di battersi per il proprio riscatto. Joe potrebbe salvare sé
stesso, la sua libertà e forse anche la vita del suo giovane amico. Dovrà però
accettare un rischiosissimo baratto.
Un respiro di troppo di Massimo
Polimeni si presenta come un romanzo originale,
connotato dal presupposto inaspettato ma credibile che origina la vicenda, intenso, per la tessitura della trama e
dei personaggi, nonché intimo,
perché pur trattandosi di un noir psicologico, dà molto spazio a tematiche
fortemente interiori, quali il desiderio personale di redenzione e di riscatto.
Ma come nasce la storia narrata nell’opera in
questione e, soprattutto, perché è stata trasferita sulla carta? Ce lo rivela
lo stesso autore: “Da un evento al limite
del plausibile: un uomo di colore si mischia casualmente a un gruppo di
migranti che sbarca da una nave ONG a Catania. È in realtà un afro-americano e
si scoprirà dopo di chi si tratta. I temi che si sviluppano da questo evento
sono riconducibili alla condizione di
precarietà e di intima sofferenza che caratterizzano questo personaggio e
anche gli altri che, nei modi più diversi, entrano in contatto con lui. Uomini
soli, ma non immuni all’amore, perché su tutto finiscono per prevalere gli
affetti e le relazioni umane: la loro vitale importanza anche dopo decenni di
silenzio, il bisogno di un luogo dove porre fine alla propria personale fuga,
il ricordo sempre agognato del passato seppure imperfetto, l’impegno per fare
del presente qualcosa di comprensibile, la ricerca di un futuro atteso ma mai
immaginato, il senso della costruzione di sé e l’identità che solo una famiglia
può dare”.
Tematiche forti, intense, che consentono al lettore di ritrovarsi tra le pagine di questa avventura, partendo già dal titolo, legato a un evento narrato alla fine del romanzo, del tutto inatteso e drammatico. Anche la copertina ha il suo bel perché: l’autore si è avvalso di un ottimo graphic designer, Walter Ferrario. Gli ha inviato una foto che secondo lui si avvicinava all’idea che aveva in mente, ma che non lo soddisfaceva totalmente…da lì il professionista chiamato in causa ha iniziato il suo lavoro di ricerca culminato nel “biglietto da visita” di Un respiro di troppo.
L’autore
Massimo Polimeni ha scritto testi e sceneggiature e curato la regia di un lavoro teatrale dal titolo “Testimonianza a Chicago”, basato sulla deposizione di Allen Ginsberg al processo contro gli organizzatori di una clamorosa protesta nel 1969. Il suddetto lavoro è stato rappresentato al Teatro Gamma di Catania.
Il nostro autore è giornalista pubblicista dal 1980. Ha fondato e diretto
IN.TEA. (Iniziative Teatrali), che
ha ospitato a Catania, nel proprio cartellone attori quali tra gli altri
Valeria Moriconi, Carlo Cecchi, Massimo Mollica, Peppe Barra e compagnie quali
il Teatro dell’Elfo, quand’era diretto da Gabriele Salvatores.
Ha realizzato due documentari per conto della RAI (“Bellini, itinerario di un mito”, e “Agata tra sacro e profano”), messi in onda su RAI3. Di questi è stato
autore dei testi e della sceneggiatura e ha condiviso la regìa.
Nel 2015 ha pubblicato per Nulla Die Edizioni il romanzo “In Sicilia, un’estate”. Il libro vince
nel 2016 il Premio Letterario “Raffaele Artese” (Premio San Salvo 2016). Nel 2017 pubblica, con la medesima casa
editrice, “Quel che resta oltre il buio”
(Premio De Finibus Terrae 2017, Premio Città di Acireale 2017). Per motivi
professionali ha a lungo vissuto all’estero (Seul, Tokio, New York). Attualmente
vive a Roma.
Ma come ha avuto origine il suo amore per la scrittura? “Ho iniziato giovanissimo a nutrire uno
straordinario amore per il giornalismo & ci racconta Polimeni & ero direttore del giornale scolastico
all’istituto superiore, giornale che veniva regolarmente stampato in
tipografia. Più tardi sono entrato nella redazione di un’emittente televisiva,
non una qualunque, ma Teletna, quella che scardinò il monopolio della Tv di
Stato grazie a una storica sentenza del Tribunale di Catania. In seguito
conseguii i titoli per essere iscritto all’Ordine dei Giornalisti”.
Al momento è impegnato nella scrittura di una commedia teatrale,
dedicata alla memoria del caro amico e grande attore Gilberto Idonea, scomparso recentemente. Il titolo provvisorio è “A
cena con Lui”. Nel contempo scrive i
primi appunti per il prossimo romanzo.
Il legame con la sua città natale, Catania, è sempre molto forte, tant’è
che ci dice: “Ogni volta che posso vado
lì in cerca delle atmosfere che mi hanno accompagnato sino ai miei trent’anni,
prima di lasciare l’isola. Ogni mia storia è nata in Sicilia da un evento o da
un’emozione provata nei luoghi conosciuti e frequentati in gioventù”.
QUI la nostra intervista a Massimo Polimeni
Lo stile
In fatto di stile l’autore di Un respiro di troppo afferma “Difficile definire il mio stile. Per il primo romanzo un recensore ha parlato di Vittorini. Devo dire che lui mi ispira moltissimo. Per il secondo libro è stato scomodato anche Brancati. Comunque si tratta di autori che amo moltissimo e che certamente hanno contribuito alla mia formazione. Amo il cinema e cerco di scrivere tracciando storie e ritmi, e descrivendo luoghi come in una sceneggiatura. Un autore con il quale sento di avere qualche affinità è Gianrico Carofiglio. Tendenzialmente concedo sempre maggiore spazio alla dimensione psicologica del romanzo e quindi tendo ad utilizzare il contenuto noir essenzialmente come strumento”.
Non può esserci stile senza ispirazione o,
meglio, fonti di ispirazione. Infatti, la nostra curiosità su ciò che ha
ispirato la stesura di Un respiro di
troppo viene soddisfatta così dalle parole di Polimeni: “In questo modo ho
la possibilità di parlare di Joe, il protagonista del mio romanzo. L’ho
conosciuto a New York quando ho vissuto in quella incredibile città. Mia moglie
era in Italia in quel periodo. Alcuni amici mi indicarono un locale di Spanish
Harlem dove si potevano ascoltare jam session di jazz. Ci andai. La zona era
tutt’altro che raccomandabile. Si trattava di un localaccio piccolo e buio con
pochi tavoli, nudi e malmessi Su una pedana iniziarono a susseguirsi
performances di personaggi unici, tutti tassativamente di colore (ero l’unico
bianco nel locale). Alcuni di questi erano probabilmente homeless o comunque
messi male in arnese. Ma si trattava di straordinari musicisti. Si esibiva un
sassofonista, poi toccava a un pianista cui faceva seguito un clarinettista e
via di seguito. Mangiavo chicken wings e ascoltavo la mia musica preferita. Ero
felice. Poi un uomo sui quarantacinque anni si è messo a cantare
accompagnandosi al pianoforte. Riuscii a invitarlo al mio tavolo e parlammo per
circa mezz’ora. Quell’uomo è poi diventato il mio Joe. Purtroppo non sono più
in contatto con lui”.
Non manca poi il contorno autobiografico: “In ciascun personaggio c’è qualcosa di me.
Ma io non sono nessuno di essi. Diciamo che con ciascuno di loro condivido le
mie imperfezioni & ci dice l’autore, andando a pescare anche tra le sue
letture preferite, che in qualche modo lo hanno influenzato, oltre che ispirato
& per restare nell’ambito della
contemporaneità, cito Khaled Hosseini
(Il cacciatore di Aquiloni e, ancor più, Mille splendidi soli) un autore
straordinario che, come pochi, sa penetrare gli angoli più remoti dell’anima.
Poi Paulo Coelho, sul quale non
spendo una parola perché sarebbe assolutamente ridondante e inadeguata tant’è
grande il suo talento di autore e straordinario il suo stile di narrazione.
Aggiungerei un autore poco noto in Italia che ha scritto un libro dalla lettura
difficile e impegnativa, ma certamente originale e intensa: Saša Stoianović con il suo War. Il
libro è affidato a trenta voci (trenta, quanti i denari guadagnati da Giuda),
che narrano del compito dei quattro evangelisti, più Maria Maddalena e Giuda,
che vengono inviati a scoprire la verità sulla guerra in Kosovo. Mi piace anche
leggere poeti poco o niente conosciuti in Italia come il russo Boris Rizhy (colpevolmente non edito in
Italia) e il curdo Golan Haji. In
qualche modo la mia narrazione evoca nelle atmosfere e nei ritmi, quella di Faletti (Niente di vero tranne gli
occhi). Ho molto apprezzato Stieg
Larsson (La regina dei castelli di carta) per la sua capacità di ordire la
trama e di sicuro è stata per me una fonte di ispirazione. Quanto ai
personaggi, dal momento che molte vicende si svolgono in Sicilia, la loro
connotazione è suggerita dalle letture di Sciascia
(Il giorno della civetta): il mio è un popolo quasi immutabile”.
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