La scoperta dell’umanità. Incontri atlantici nell’età di Colombo è un saggio di David Abulafia incentrato sull’era delle grandi scoperte geografiche che non ridefinirono soltanto la cartina geografica, ma anche il concetto stesso di umanità con la scoperta di nuove civiltà, lingue, credenze e tradizioni.
Edito da Il Mulino per la collana Biblioteca storica, il saggio dello storico britannico si concentra su quei primissimi incontri tra i navigatori europei e quei popoli del Nuovo Mondo a essi in precedenza totalmente sconosciuti. Un rapporto che – David Abulafia ci tiene a sottolineare – fu bidirezionale; infatti, come gli europei conobbero per la prima volta quei popoli e li ritennero “primitivi” e “straordinari”, anche essi entrarono in contatto per la prima volta con quegli stranieri dalla pelle chiara e coperta di stoffe e armi, totalmente fuori dall’ordinario secondo la loro primordiale visione del mondo.
Cosa pensarono gli uni degli altri, questi popoli così estremamente diversi? Di certo ci viene più semplice pensare cosa pensassero i colonizzatori europei circa quegli uomini primitivi scoperti al di là dell’oceano; di sicuro, alla luce (magari superficiale) dei loro costumi e credenze, mettevano in dubbio la loro discendenza da Adamo; probabilmente – e questo era un interrogativo ricorrente ai tempi – si domandavano se essi fossero stati creati in tempi distinti rispetto alla classe di esseri umani della quale loro, gli europei, facevano parte.
Tralasciando per un istante i chiari appetiti di sottomissione, conquista e arricchimento, molti quesiti rimasti parzialmente irresoluti turbavano le coscienze di intellettuali, religiosi, scienziati e sovrani europei alla luce di quegli incontri “straordinari”: «La vita intelligente fu creata più di una volta?». E anche: «Com’era possibile che milioni di esseri umani per decine di generazioni fossero abbandonati sulle rive del Peccato Originale senza speranza di salvezza attraverso il battesimo e la grazia?».
E su questi interrogativi e sul modo in cui gli europei tentarono di affrontarli che converge il discorso al centro del volume.
Una lunga e affascinante storia che comincia un secolo e mezzo prima il viaggio rivoluzionario di Cristoforo Colombo, quando i primi navigatori del Vecchio Continente approdarono alle coste delle Canarie, le “Isole Fortunate”, oggi arcipelago spagnolo al largo della costa nord-occidentale dell'Africa. Qui nacquero le prime narrazioni circa la vita sociale e l’organizzazione religiosa e politica dei “selvaggi” che abitavano le isole; isole molto diverse tra di loro nel modo di parlare, negli usi e nei costumi.
Passò un attimo e gli intenti iniziali di compiere una missione di cristianizzazione degli indigeni mutarono nelle azioni di saccheggiamento ed esportazione dei locali che sfociarono in pochi decenni nella tratta degli schiavi verso l’Europa e le Americhe. Fu così che la scoperta dell’umanità provocò non solamente la nascita di nuovi e immensi imperi, ma anche crimini contro l’umanità ante litteram con la distruzione di intere civiltà autoctone.
Nelle sue circa 400 pagine di lettura (escluse note, bibliografia e glossario) La scoperta dell’umanità. Incontri atlantici nell’età di Colombo si presenta come un libro accessibile a studiosi di storia o meno, grazie alla suddivisione in parti e capitoli e al linguaggio diretto e fruibile per tutti.