La Kamčatka, terra selvaggia, intrisa di leggenda e mistero, apoteosi della distanza, penisola di vulcani e orsi, bagnata a ovest dal mare di Okhotsk, a est dal mare di Bering e a sud dallo sconfinato oceano Pacifico.
In questa piccola, grande – supera in superficie stati come il Regno Unito e la Nuova Zelanda – terra di confine, si svolge il romanzo di esordio di Julia Phillips dal titolo La terra che scompare (edito da Marsilio).
Durante una fredda estate, ha luogo l’improvviso rapimento di due sorelle di undici e otto anni, il loro nome è Alëna e Sofija. A sottrarle alle braccia amorevoli dei signori Golosovskje, i genitori, un misterioso uomo.
Partono le ricerche per ritrovare al più presto le bambine, disperse in quella terra assolutamente inospitale, al di fuori dalle mura domestiche, tra lupi feroci, orsi mastodontici, baie gelate e fitte foreste.
È una corsa contro il tempo, ma la scomparsa di Alëna e Sofija è solo il pretesto per raccontare tante altre storie di donne di Kamčatka che caratterizzano il romanzo d’esordio di Julia Phillips – già finalista al National Book Award e in traduzione in venti paesi del mondo. È la condizione femminile, infine, che viene perlustrata dall’autrice e che conquista lo spazio principale del romanzo. Lilija, Valentina, Ksenia, Olga: storie di costrizioni, ribellioni, credenze, illusioni e contraddizioni di una società chiusa, tra passato, presente e futuro in una storia dal sapore esotico e allo stesso tempo arcaico.
La terra che scompare è un giallo atipico ai confini del mondo civilizzato.