L’impermanenza | Anna Maria Basso
- 29 Aprile 2019
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La trama
La storia si snoda sull’umana avventura del protagonista, Pietro Vanni, uomo apparentemente
intraprendente e disinvolto, ma in realtà chiuso nel suo guscio, che non riesce
a stabilire un contatto confortevole con quanto gli sta intorno. La sua è una vita sospesa tra azione e fuga,
condizione alimentata dal disagio
esistenziale che si porta dietro sin dai tempi dell’infanzia.
Pietro non ama la montagna. Eppure dovrà affrontarla per realizzare il
suo primo reportage. Per incarico del direttore del quotidiano in cui lavora,
viene inviato insieme a Rajan, un
collega già affermato, di origini indiane e sicuro conoscitore dei territori e
delle culture orientali, presso l’Osservatorio
della Piramide del CNR, ai piedi del versante nepalese dell’Everest, in cui
si studiano la circolazione di inquinanti e il fenomeno delle “Brown clouds” (le nuvole marroni) che
stanno mettendo a rischio la sicurezza ambientale e alimentare di tutto il
pianeta.
L’impegno che il mandato richiede espone a difficoltà di vario genere e
soprattutto obbliga a un viaggio che comprende un faticoso trekking d’alta
quota, cui il protagonista del romanzo non si sente vocato. Gli manca
quell’entusiasmo che prende gli esploratori d’alta montagna di fronte alle cime
degli ottomila, e la predisposizione a farsi coinvolgere dall’atmosfera mista
di spiritualità e comunione che s’accompagna alla suggestiva scoperta
dell’ambiente umano e naturale dell’oriente. In Pietro riescono soltanto a
provocare recuperi di memorie con cui credeva di aver chiuso i conti.
L’atteggiamento rinunciatario del protagonista emerge sin dalle prime pagine.
Quasi a metà percorso, infatti, durante una sosta presso il villaggio di Namche Bazar, Pietro decide di tornare
indietro unendosi a un gruppo di escursionisti, non senza aver affidato il
compito da svolgere, in qualità di inviato speciale, al collega Rajan, tanto
Albert, il direttore, avrebbe capito.
Questo, praticamente, il nucleo intorno al quale si snoda la vicenda
nella successione di avvenimenti che interessano il popolo nepalese durante una
stagione particolare della sua storia (siamo nel 2006), tra manifestazioni
pacifiche varie e vere e proprie sommosse provocate da precedenti ordinanze di
soppressione di diverse libertà costituzionali, oltre che dalla grave
situazione socio-economica di tutto il paese. Problemi cui Pietro non presta la
dovuta attenzione, forse distratto dal contatto con una giovane nepalese di
nome Tara, già incontrata lungo il
percorso che porta all’aeroporto di Lukla
e ritrovata, proprio durante una manifestazione popolare, in un’agenzia
turistica della capitale ove, in preda a un raptus, le fa privata e gratuita
violenza.
Rientrato dal viaggio, Pietro ritorna alle sue vecchie consuetudini.
Completa il lavoro giornalistico dando spazio al mondo misterioso esplorato da
Rajan e consegnato agli appunti da lui registrati lungo il percorso. Il Nepal
si carica, alla distanza, di tinte quasi naturali meglio definendo immagini e
pensieri dettati dal fascino di un paesaggio reale: le abitudini, i costumi, la
sottomissione delle donne, il richiamo mistico della fede religiosa, la
disponibilità degli sherpa, la pratica degli omaggi con la fatica dell’ascesa
che trovano gli esploratori molto meno preparati del gruppo organizzato delle guide e dei portatori… sono il mito che si
rappresenta con forza agli occhi di tutti ma che Pietro non aveva saputo
cogliere. Eppure ora sembrava tutto
consegnato a una zona della memoria che saprà avvalorarne l’esistenza.
È “solo” l’inizio di un nuovo percorso di vita
per il protagonista dal momento che gli accadrà tanto altro ancora, a livello
professionale e sentimentale…
Questo il fulcro della storia narrata da Anna Maria Basso in L’impermanenza, un romanzo coinvolgente, lirico e riflessivo, che potrebbe essere accostato ad altre opere, come “Aria sottile” di Jon KraKauer, per il tema delle scalate affrontato in modo più consistente; “La casa sul lago” di Thomas Harding, per una certa corrispondenza di atmosfere dei paesaggi sul lago; “Via col vento” di Margaret Mitchell, per il tema dell’amore non corrisposto.A chi si rivolge L’impermanenza? Ai lettori che amano le storie che catturano sin dalla prima pagina e vogliono provare il brivido della scoperta fino all’ultima. Ma anche a coloro che si avventurano nella lettura come scalatori su una vetta e a tutti quelli che trovano sempre un personaggio in cui identificarsi. E, ancora, a chi continua a credere nell’amore, nonostante tutto.
Pietro non ascolta più il mare. A poco a poco non sente più niente. Neppure il sottile gorgheggiare del vento. Alza a fatica gli occhi. Immagini sfocate, fogli di giorni, come girandole di carta sospese in aria, gli girano intorno. Li richiude.
Come un gabbiano, s’infila in una cruna di nebbia che copre l’orizzonte.
Quel filo sottile tra noto e ignoto.
Finito e infinito.
Anche sul mare è sceso il silenzio.”
L'autrice
Anna Maria Basso è nata a Potenza, dove vive. È stata Dirigente scolastico di vari Istituti Comprensivi. Coltiva interessi letterari ed è componente del Direttivo del Circolo culturale Silvio Spaventa Filippi & Fondazione Premio Basilicata & di Potenza. È Coordinatrice del Circolo dei lettori del “Basilicata”. È inoltre membro della giuria di svariati concorsi e premi nazionali e internazionali, tra cui Premio Nazionale di Poesia “Giulio Stolfi” – Circolo Culturale Il Portale di Pignola (Potenza) e Premio Internazionale di Poesia Universum Academy Basilicata.
“L’impermanenza” (Manni
Editori & Lecce, 2018) è il suo primo romanzo. In precedenza ha pubblicato tre
raccolte poetiche: “Attese” (Ed. Ripostes, Salerno-Roma, 1999), “Images/trame” (Ed.
Scettro del Re, Roma, 2002) e “Quel palpito d’altrove” (Edizioni Erreci
Potenza, 2010).
Ha curato la seconda e la terza edizione del catalogo “Voci di donne
lucane” & Ed. Consiglio Regionale della Basilicata & Comm. Per la Parità e le
Pari Opportunità & 2004/05, nonché la presentazione dell’Antologia Senza Fissa Dimora 2017, Ceaca, e l’antologia poetica Taciti Tumulti, Universum Basilicata.
La nostra autrice ha lavorato nel campo della scuola, dapprima in
qualità di insegnante di materie letterarie nella secondaria di primo grado,
poi in veste di dirigente scolastico di vari istituti Comprensivi di Potenza e
provincia.
“La letteratura è stata sempre al top dei miei interessi, insieme alla musica e alla pittura. Il mio amore per la scrittura nasce come tutte le grandi passioni, & ci svela & senti un impulso inarrestabile, indefinito, un richiamo che a poco a poco sale dal profondo del tuo essere. E finalmente viene alla luce e ti imbarchi per questa splendida avventura. Ho cominciato con la scrittura poetica. Tra gli anni ‘90 e il 2010, ho scritto e pubblicato tre sillogi. Poi è arrivato il primo romanzo L’impermanenza. È in corso d’opera il secondo. Ho aperto già un altro cantiere. Ho definito la struttura, lo scheletro portante della narrazione con i suoi pilastri. Ora ho cominciato le gettate di cemento. Il lavoro è lungo e impegnativo, bisognerà mettere su i mattoni, uno sull’altro, con la calce giusta, poi intonacare, pitturare, arredare. Spero che venga fuori un ambiente accogliente e accattivante per i miei futuri lettori! Una sfida con la parola. Ancora un viaggio. Un rischio. Un’avventura. Ma la scrittura è tutto questo”. QUI la nostra intervista all’autrice
Lo stile
Quello di Anna Maria Basso è uno stile indiretto libero che va ad alternare la narrazione realizzata dal narratore a quella in cui il narratore fa propri i discorsi dei personaggi. Si tratta di una modalità di scrittura lineare, che ben si adatta alle tematiche affrontate in L’impermanenza, nonché ai personaggi e ai contesti ambientali presenti nel romanzo protagonista della nostra presentazione.
Senza dubbio lo scrivere della Basso ha
“risentito” delle sue letture, come sottolinea la stessa facendo riferimento a
diverse opere e ai rispettivi autori: “Tiziano Terzani. Testi come Un indovino mi
disse, Un altro giro di giostra,
La fine è il mio inizio, Lettere contro
la guerra, Un’idea di destino. Queste
letture mi sono piaciute perché mi hanno avvicinata al vero senso del viaggio,
del tempo e della vita che è ricerca dentro e fuori di sé. Ricerca mossa da una
umana inquietudine e dall’altrettanto umano bisogno di conoscere a fondo la
realtà. Sono state letture coinvolgenti anche per la semplicità della
narrazione di vicende personali e non, per il “pathos” dei luoghi interiori e
la bellezza di quelli geografici abitati lungo il cammino. Margaret Mazzantini, con Non
ti muovere, Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo, Mare al mattino. Le letture di questa
autrice mi sono piaciute per i temi piuttosto forti e per la scrittura a volte
cruda, spesso figurata, molto aderente alle situazioni narrate. Jostein Gaarder, con i suoi L’enigma del solitario, La ragazza delle arance, Il mondo di Sofia, Semplicemente perfetto. Per lo stile colto inframezzato da
riflessioni filosofiche”.
L’impermanenza non attinge da situazioni autobiografiche, ma
solo da condizioni psicologiche, dal momento che l’autrice sostiene
emotivamente la condizione femminile del paese orientale rappresentato. Ma, al
tempo stesso, vivere in una città di montagna, capoluogo più alto d’Italia, ha
sicuramente influenzato la sua opera, così come i periodi vissuti durante la
giovinezza sul lago di Como.
Inoltre, si ritrovano, magari soltanto
parzialmente, delle somiglianze e degli aspetti in comune tra l’autrice e i
personaggi di L’impermanenza: “In parte mi ritrovo nel personaggio di Corinne per la mia passione verso la
medicina. Ma in particolar modo in Tara,
donna che appartiene a quella specie umana del sempre più in là e insegue il
sogno della scalata sulla cima più alta della
Terra per nutrirsi di Bellezza, per
comprendere il mondo e accettarlo… capire la ragione per cui stiamo su questa
terra Quello è il confine. Non ce n’è un
altro come per il mare. Da quel punto in poi è solo cielo. Aria pura.”
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