Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) | Salvo Micciché
- 1 Aprile 2019
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La trama
Che cosa si conosce realmente di Scicli
nel Medioevo? Che cosa tramandano le
fonti, i reperti dell’abitato e del circondario (e poi della città) di Scicli e
le varie forme del suo toponimo (Xicli, Sicli, Sycla, Shiklah&230;)? Per
rispondere a queste domande, il volume Scicli.
Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) di Salvo Micciché (coautrice Stefania
Fornaro),analizza la storia, la
cultura e la religione di Scicli dal Medioevo al Cinquecento commentando le
fonti e i reperti relativi alla storia della città. L’importanza di Scicli
nell’ambito della Contea di Modica,
il più vasto Stato feudale della Sicilia, si impose con forza anche grazie alla
sua felice posizione geografica, non lontana dal mare. Toponomastica,
onomastica, culti e storie di uomini e luoghi, cristiani ed ebrei, dal V al XVI
secolo: la storia che conduce alla nascita della città iblea che sarà poi
barocca e moderna e che Vittorini
definì «la più bella del mondo».
L’opera protagonista della nostra presentazione
è sostanzialmente un saggio storico
con riferimenti all’archeologia
medievale, che strizza l’occhio anche a onomastica, toponomastica,
ricerca filologica.
Ma come nasce l’idea di dar vita a un testo di
questo tipo e incentrato, per l’appunto, su Scicli? Ce lo rivela lo stesso autore: “L’archeologa Stefania Fornaro
ed io ci siamo posti l’obiettivo di capire «cosa si sa veramente sul Medioevo a Scicli», una città su cui sono
stati scritti ottimi libri sull’archeologia e la storia moderna, ma su cui le
informazioni riguardanti il Medioevo erano frammentarie e sparse su centinaia
di libri e saggi. Così abbiamo cominciato una ricerca durata oltre due anni a
raccogliere fonti, scritti, documenti d’archivio, epigrafi, e ne è venuto fuori
un testo che abbiamo sottoposto a Carocci
Editore per la valutazione. Con i loro consigli, abbiamo sistemato tante
cose e ne è venuto fuori un saggio & manuale che ha l’obiettivo di essere utile
sia allo studioso e allo storico, sia al lettore curioso e appassionato di
storia e microstoria locale”.
L’ottimo risultato finale fonde e intreccia principalmente le seguenti tematiche: la storia medievale di Scicli (dal tardoantico al Cinquecento), la religione della gente di quel periodo e la cultura in generale, con protagonisti indiscussi la città di Scicli e la sua gente (famiglie nobili, chierici, gente comune).
Sia per i Bizantini, sia per gli Arabi non si hanno quindi, allo stato attuale della ricerca, documenti, epigrafi o iscrizioni che citino in qualche modo la città di Scicli (e l’origine del toponimo), ma non si può negare un’impronta culturale fortemente esercitata sugli abitanti, sui gusti artistici e persino nell’onomastica e la toponomastica. A rigore non si potrebbe provare, con le conoscenze attuali, che le fortificazioni (Castello e Castellazzo) esistessero al tempo degli Arabi, quando questi, nell’864 s’impadronirono del Sud Est, di Noto e di Scicli in particolare, ma si può congetturare con molta probabilità che già i Bizantini dotarono Scicli, come le altre loro città in Sicilia di castelli e fortilizi. Lo si evince già dalla lettura di passi di al Idrîsi (siamo però nel XII secolo), quando ci tramanda il nome del toponimo per gli Arabi: Shiklah, e lo riferiscono, come ricordato, altri autori arabi, come Ibn al-‘Aṭîr e Al Nuwayri.»
Il saggio in esame ha l’obiettivo di consentire
di comprendere la storia medievale di
Scicli (e di tutta la Contea di Modica), in quanto ciò si esplicita come un
passaggio essenziale per capire la sua storia barocca e moderna. Infatti, senza
tale conoscenza non si riuscirebbe a capire appieno il successo che la città
sta registrando in questi ultimi tempi, che non è da ricercare esclusivamente
nel legame con la serie televisiva (Il commissario Montalbano) bensì
anche nella “complessità” dei suoi luoghi, non soltanto belli, bensì ricchi di
storia.
Diretta conseguenza dello scopo sopracitato, il fatto che il libro sia dedicato «A chi ama la storia, il Medioevo e Scicli Urbs inclita et victoriosa».
L’autore
Salvo Micciché (1964), saggista, direttore editoriale della rivista online Ondaiblea Rivista del Sudest, è nato a Scicli e vive a Ragusa; è autore di diversi saggi e libri, tra gli altri Onomastica di Scicli (1991), Zàghiri e parmi – omaggio al siciliano (2016), Scicli: onomastica e toponomastica (2017), Scicli, Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) (2018). Si occupa di studi medievistici e filologici.
Si occupa di storia locale da moltissimi anni. Già nel 1991 ha scritto
un saggio sull’onomastica di Scicli e negli anni seguenti ha sviluppato tanti
aspetti di storia dei luoghi e della gente di quel territorio, sino alla
revisione ampliata del medesimo saggio nel 2017 con ‘Scicli: onomastica e toponomastica’ che già presupponeva il
saggio del 2018.
Il nostro autore si occupa anche di linguistica e filologia, in
particolar modo classica e semitistica, e a tal proposito ci dice: “La conoscenza del greco ma anche dell’arabo
e dell’ebraico è stata determinante per molti aspetti trattati nel libro. La
mia collega è un’archeologa che mi ha aiutato a sistemare l’impianto
storiografico ed anche nella raccolta delle fonti archivistiche. Solo insieme è
stato possibile scrivere il saggio nel migliore dei modi. Progetti futuri? Con Giuseppe Nativo sto preparando un altro
saggio storico sulla Sicilia per l’editore e con Stefania Fornaro ed altri stiamo sviluppando ulteriori progetti che
al momento non possiamo rendere noti…”
QUI la nostra intervista a Salvo Micciché
Lo stile
Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) è il frutto
di un lungo lavoro di preparazione, durato oltre due anni, seguito da alcuni
mesi di editing, definito dall’autore “entusiasmante
ma anche faticoso”.
I legami nati e/o rafforzati durante la stesura
del saggio in esame, nonché la componente “autobiografica” (anche se nel caso
del genere saggistico può apparire difficile o addirittura impossibile da individuare)
sono così chiariti dall’autore: “Mi sento
legato a tutti i nomi e cognomi che abbiamo riportato nel libro (e sono
tantissimi), mi sento di provenire da quella gente, che ha fatto la storia e
costruito quella città, non saprei proprio scegliere un soggetto in
particolare: tutti hanno diritto di essere “miei”. Molte cose hanno determinato
la scelta di realizzare questo saggio-manuale, non ultima il mio essere oriundo
di Scicli, ma anche e soprattutto studi, passione, il lavoro di ricerca di
tanti anni”.
Lo stile segue una linea rigorosa e circostanziata,
considerati genere e argomenti, ma, al tempo stesso, appare semplice, in quanto
gli autori hanno cercato di generare un’opera che possa essere apprezzata e
appresa anche dai non esperti e dai non addetti ai lavori.
La scelta di rivolgersi a tutti è ben connessa
al titolo scelto, che è molto diretto, semplice, lampante, e anche volutamente
delimitante, in modo da comunicare il fulcro dell’opera, che rimanda
direttamente all’analisi storiografica
della città in un preciso periodo storico.
Ne consegue che Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) sia la lettura
ideale per gli studiosi, in particolare per i giovani ricercatori che vorrebbero
partire dal manuale per compiere ulteriori ricerche, ma anche per i lettori
curiosi e appassionati della Sicilia e di Scicli, nonché per i turisti che desiderano
conoscere davvero Scicli e la sua storia.
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