La storia di Martia Basile, raccontata da Maurizio Ponticello affinché le vicende della protagonista “non si spengano nel nulla comme na notte senza luna”, si sviluppa a cavallo tra il XVI e il XVII secolo a Napoli.
A perpetuarne la memoria, nel romanzo storico edito da Mondadori, è Giovanni della Carrettola, un povero storpio, un “poeta di strada” amato da chi lo conosce e trattato come un appestato da chi, la maggioranza, è appena consapevole del suo essere in vita.
Martia è una bambina di soli dodici anni, appena incontratasi con la prima malitia, quando il padre, per assicurarle un avvenire più agevole, la cede in sposa all’anziano vedovo don Domizio Guarnieri, detto Muzio, uomo ricco sì, ma misogino, irrispettoso e malvagio, intenzionato soltanto a concepire presto un erede.
“Martia restò come imbambolata mentre il marito le infilava il cerchietto d’oro all’anulare e la sposava. Contemporaneamente, alcuni chierichetti intonarono per tre volte il Kýrie eléison, e la madre della ragazza cedette all’emozione, e forse non soltanto a quella, e pianse mentre gli invitati urlavano battute salaci e gettavano mandorle sgusciate o ricoperte di zucchero alla maniera del principato di Sulmona: le gioie e i dolori che la coppia avrebbe affrontato nell’unione.”
La sposa bambina, rievocazione tardorinascimentale della Vergine, fin dalla prima notte di nozze raccontata con spietata realtà e proprietà lessicale dall’autore conosce il lato più nero delle relazioni tra sessi, divenendo oggetto di violenze fisiche e psicologiche che si consumano silenziosamente nell’intimità delle mura domestiche.
La storia della addolorata si intreccia a quella della Napoli sotto il controllo spagnolo, una città segnata dalla povertà, dal folclore, dalla fede e dalla superstizione, una città magica, egregiamente tratteggiata da Ponticello, che può elevarti sino alla cima del Vesuvio o lasciarti sprofondare nella miseria dei quartieri più poveri. Una Napoli che sembra sempre in movimento ma uguale a se stessa.
Per Martia le violenze non si estingueranno con la fine del matrimonio col Guarnieri, ma proseguiranno, anche più atroci, cosicché la protagonista del romanzo si trova intrappolata in una palude, conscia dell’impossibilità di uscirne, come l’esclusa di pirandelliana memoria, ma indomita nel ricercare il bello anche dove del bello non si indovina neppure l’ombra di un mellino. La vita non avrà compassione della sua tenacia e, nel prosieguo del volume, la donna arriverà a essere accusata del crimine più atroce: l’uccisione del consorte.
Nel corso della narrazione, quando la verità verrà via via disvelata grazie alla voce di della Carrettola, Martia assurgerà a una eroina della dignità contro le nefandezze, i soprusi e i dolori di una vita non vissuta, sacrificata sull’altare di una società malvagia.
Ne esce fuori un romanzo storico feroce e profondo, dedicato “all’immenso coraggio delle donne”, scritto con una prosa elegante e ricercata. Ne La vera storia di Martia Basile, Maurizio Ponticello, già autore di numerosi libri su Napoli e presidente dell’associazione di giallisti Napolinoir, realizza un’opera che dà dignità, a distanza di quattrocento anni, a una donna la cui faccia, tra distorsioni e censure, è stata cancellata dalla storia. Un’autentica damnatio memoriae che ha portato, nel corso dei secoli, a immaginare la tragica storia della donna come una storia di fantasia che ora viene ricondotta sul piano della storia vera da Maurizio Ponticello.