“Mi chiamo Zeno Pavani e ho qualcosa da narrarvi, mentre raccolgo la drammatica bellezza dell’orizzonte sdentato dalle ciminiere e avvolto da nuvolaglie che annunciano un imminente temporale.”
Morto da qualche anno per un aneurisma, padre Leonardo è in odore di beatificazione – lo stadio primario della via che conduce alla santità – per i miracoli svolti in vita, in particolare la guarigione di una ragazzetta che i medici di mezza Europa avevano data ormai per prossima alla morte.
Sulla vita pia dell’uomo è chiamato a lavorare Zeno Pavani, uomo reporter freelance, ovvero senza contratto, e pure fiero di ciò (“Non ho mai firmato un contratto con una sola testata”), ma soprattutto suo fratellastro, figlio dell’uomo con cui si è risposata sua madre. Zeno, su richiesta di una celebre rivista cattolica, deve realizzare un documentario su padre Leonardo, Duccio per il reporter; un compito che si profila noioso e senza sale. Errato, perché il giornalista, da bravo professionista quale è, seleziona bene le fonti – tra chiostri e conventi, frati e abati, senza dimenticare la ragazzetta, oggi donna, miracolosamente guarita dal fratello beato – e fa la scoperta di taluni episodi della vita del fratellastro assai poco cristallini e inadeguati all’immagine che la Chiesa e i fedeli hanno di lui. Anche il quasi beato Leonardo è stato un essere imperfetto come tutti gli altri e Zeno troverà vari punti in comune tra sé e il pio fratellastro, cominciando a interrogarsi sulla sua fatale visione delle cose.
Zeno Pavani è infatti un uomo sì amante libertà, ma contento a metà di se stesso e della sua vita. Una vita fatta da alti e bassi, come succede agli uomini soli: estremamente euforici quando gira bene, drammaticamente sconfortati quando invece butta male.
Penna schietta e spesso licenziosa quella di Alfredo Annicchiarico, autore già di una mezza dozzina di libri, che si lascia volentieri andare a simpatiche narrazioni di episodi della sua vita e a caustiche riflessioni, per nulla secondarie, sulle occasioni perdute e sulla società moderna, sui suoi, molti, vizi e le sue, poche, virtù.
“Siamo troppo connessi, è questa la verità. Siamo sempre reperibili. E fa nulla che, a volte, scioperi con il mondo, spegnendo i tuoi tre o quattro device per protesta: chi ti cerca, ti troverà sempre, non appena sfiorerai il tasto ‘on’ per riconsegnarti al mondo. E questo sarà ogni volta il tuo segno di resa all’interconnessione, che prevedrebbe tempi rapidi di risposta, fottendosene del tempo che ti viene rubato.”