«Siamo quello che accadiamo/e quello che accadremo e già accademmo/dispiegata geometria nella durata/modi/archetipi memorie e mito, cifre/intagli d’infinito/mente parola azione/la bocca dei profeti/la sapienza di Salomone/effetti cause compimenti/rovine sedimenti ed intuizioni/discorsi opinioni ed algoritmi/chiare e distinte mappe o inadeguate/errori di pronuncia e ortografia/scritture provvisorie di un’idea/distese di solitudini e di attese/Siamo quello che accadiamo/e quello che accadremo e già accademmo/congiunzioni non lineari/connessioni sincronicità e metafore/chiarore raro perfetto e benedetto:/l’eternità inserita nel mondo», un passo della lirica “La lente”, contenuta nella raccolta poetica “Paradigmi della complessità” di Silvia Elena Di Donato.
In questa poesia vi è un importante messaggio: il senso della vita si espande oltre la nostra naturale durata, perché siamo tutti parte dell’eterno ciclo dell’esistenza; «non è altrove se non in noi l’eternità», afferma infatti in “Palingenesi”.
E ancora, dalla poesia “Ci saremo sempre”: «Quando i nostri anni saranno onda/che scompare nella sera/resteremo voce e ramo nel multiverso/sottratti singolari/a quel ciclo che genera e distrugge/e non potrà più/né l’una cosa né l’altra/resteremo accaduti/febbrile riverbero di un nome/segreto/nell’aria che illumina le cose»; siamo un riverbero eterno nel flusso anche quando non siamo più, e questa consapevolezza dona spessore alla vita umana, che diviene ancora più preziosa. E l’autrice canta questa preziosità e questa complessità del vivere, mediante componimenti di forte impatto, a volte oscuri nel loro significato, e che richiedono quindi uno sforzo in più per penetrarne l’essenza; sono poesie che stillano verità, che aiutano colui che ha perso la sua Itaca a ritornare a casa.
Alcune liriche sono dure, perché la vita è anche dolore; altre sembrano orientarsi verso una parvenza di nichilismo, che poi si stempera nella promessa che ci siano ancora opportunità da cogliere, anche se ne abbiamo perse tante. E poi c’è l’amore: chiave di volta per capire chi siamo, sebbene risulti ancora un mistero per sé stesso; l’amore che ci lega strettamente al mondo, che ci provoca vertigini, che ci fa soffrire, che ci fa gioire.
L’amore, infine, è anche e soprattutto quello che l’autrice prova per le parole e per la poesia: «Certe parole sono attesa e profezia/– ne sanno sempre più di noi –/altre sono ombra e rifrazione/una folgorazione sulla via verso Damasco/o la via stessa e altre vie…/Ci sono parole– figlie della duplice porta, vite plurali –/che sono reti di circostanze/o lacerazioni,/articolazioni di paradossi/– asimmetrie, corrispondenze/naufragi ed emersioni –/fluttuazioni, possibilità/terre di memoria, spazi di prossimità/Alcune sono tendenza a continue traslazioni/o fragili intuizioni che ci mettono in cammino/L’accadere è relazione, non somma/tra le parti e, anche fossero taciute,/le parole sono atti» (da “L’infinito in atti”).
Redazione
«Siamo quello che accadiamo/e quello che accadremo e già accademmo/dispiegata geometria nella durata/modi/archetipi memorie e mito, cifre/intagli d’infinito/mente parola azione/la bocca dei profeti/la sapienza di Salomone/effetti cause compimenti/rovine sedimenti ed intuizioni/discorsi opinioni ed algoritmi/chiare e distinte mappe o inadeguate/errori di pronuncia e ortografia/scritture provvisorie di un’idea/distese di solitudini e di attese/Siamo quello che accadiamo/e quello che accadremo e già accademmo/congiunzioni non lineari/connessioni sincronicità e metafore/chiarore raro perfetto e benedetto:/l’eternità inserita nel mondo», un passo della lirica “La lente”, contenuta nella raccolta poetica “Paradigmi della complessità” di Silvia Elena Di Donato.
In questa poesia vi è un importante messaggio: il senso della vita si espande oltre la nostra naturale durata, perché siamo tutti parte dell’eterno ciclo dell’esistenza; «non è altrove se non in noi l’eternità», afferma infatti in “Palingenesi”.
E ancora, dalla poesia “Ci saremo sempre”: «Quando i nostri anni saranno onda/che scompare nella sera/resteremo voce e ramo nel multiverso/sottratti singolari/a quel ciclo che genera e distrugge/e non potrà più/né l’una cosa né l’altra/resteremo accaduti/febbrile riverbero di un nome/segreto/nell’aria che illumina le cose»; siamo un riverbero eterno nel flusso anche quando non siamo più, e questa consapevolezza dona spessore alla vita umana, che diviene ancora più preziosa. E l’autrice canta questa preziosità e questa complessità del vivere, mediante componimenti di forte impatto, a volte oscuri nel loro significato, e che richiedono quindi uno sforzo in più per penetrarne l’essenza; sono poesie che stillano verità, che aiutano colui che ha perso la sua Itaca a ritornare a casa.
Alcune liriche sono dure, perché la vita è anche dolore; altre sembrano orientarsi verso una parvenza di nichilismo, che poi si stempera nella promessa che ci siano ancora opportunità da cogliere, anche se ne abbiamo perse tante. E poi c’è l’amore: chiave di volta per capire chi siamo, sebbene risulti ancora un mistero per sé stesso; l’amore che ci lega strettamente al mondo, che ci provoca vertigini, che ci fa soffrire, che ci fa gioire.
L’amore, infine, è anche e soprattutto quello che l’autrice prova per le parole e per la poesia: «Certe parole sono attesa e profezia/– ne sanno sempre più di noi –/altre sono ombra e rifrazione/una folgorazione sulla via verso Damasco/o la via stessa e altre vie…/Ci sono parole– figlie della duplice porta, vite plurali –/che sono reti di circostanze/o lacerazioni,/articolazioni di paradossi/– asimmetrie, corrispondenze/naufragi ed emersioni –/fluttuazioni, possibilità/terre di memoria, spazi di prossimità/Alcune sono tendenza a continue traslazioni/o fragili intuizioni che ci mettono in cammino/L’accadere è relazione, non somma/tra le parti e, anche fossero taciute,/le parole sono atti» (da “L’infinito in atti”).
Redazione